Chi ha detto che le fiabe non esistono?
C'è un luogo senza spazio né tempo, lontano ma anche più vicino di quanto immaginiamo, in cui saltimbanchi, ballerine e clown animano le notti di luna piena e regalano ai bambini sogni scritti in libri di carta di stelle, vergati con inchiostro lunare.
Questo luogo è stato fortemente voluto da un poeta, un omino che del ballo e dell'arte aveva fatto la sua vita.
Guy Laliberté, si chiamava, ed era cresciuto guardando il cielo, con la voglia di spiccare il volo e salire in alto, in alto, e lasciarsi andare.
Era il 1984, quando ancora non esistevano né iPhone né Playstation, e i bambini sognavano ancora a occhi aperti, perché la fiaba se la dovevano immaginare per viverla, altrimenti non appariva.
A Montreal, in Canada, questo omino che si chiamava Guy Laliberté un giorno decise che il suo sogno poteva diventare la fiaba perfetta per tutti coloro che, grandi e piccini, avessero avuto un cuore innocente. E così, nacque il Cirque du Soleil, il Circo del Sole, giocando sull'equivoco cerchio-circo (in francese cercle-cirque).
Non ci sono animali in questo circo, e i pagliacci hanno un ruolo marginale: al centro dello spettacolo ci sono i 3800 artisti che animano gli 8 spettacoli in tournée e i restanti 9 stabili nelle città di Montreal, Las Vegas - dove sono allestiti 6 spettacoli permanenti -, a New York, Orlando, Macao e di recente anche a Dubai e Singapore.
Ogni spettacolo è una piccola fiaba: ha un inizio, un nucleo e una conclusione, racconta qualcosa, e lo fa con un linguaggio inventato, per questo magico, con la danza, le acrobazie da saltimbanchi e la musica. Spettacolari salti nel vuoto, contorsioniste che paiono disegnare curve nell'aria con il proprio corpo, bambini straordinari, con doni e talenti incredibili: gli artisti del Cirque sembrano irreali, da tanto sono perfetti e meravigliosi, non sono umani: sono creature magiche.
Non li vedremo durante l'inverno: come le fate e i folletti, gli artisti del Cirque si svegliano con la primavera, e animano di fantasia le città ingrigite dalla passata fredda stagione.
Non a caso, piccoli folletti e fatine, chiudiamo i nostri (e vostri!) saggi di fine anno con le loro voci.
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