martedì 2 aprile 2013

Hip Hop, Break Dance e Freestyle: dal Bronx al palcoscenico

New York è sempre stata un fermento di idee, novità e sperimentazioni, dovute alla grande varietà etnica che popola la città, la arricchisce e la rende quel meraviglioso melting artistico e culturale che attira ogni giorno milioni di turisti; si va per viverla, la città, la Grande Mela, per respirarne l'afrore d'entusiasmo e di sfida.
È nei Blocks del Bronx, il quartiere a maggioranza etnica ispanica e afroamericana, che nasce il germe di quello che oggi riconosciamo come un marchio che passa dalla musica, all'arte, alla danza, ben preciso e codificato.
Si parla di Block Parties già dal 1930, ma raggiungono la forma di feste di quartiere (ma molto di più, quasi un rituale collettivo) solo negli anni '70: ad attirare le folle sono i grandi impianti sonori portatili, che i Dj
utilizzavano per competere tra loro. Il primo a isolare brani di sole percussioni (i cosiddetti breakdown) fu Dj Kool Herc, considerato un po' il padre del rap; successivamente, gruppi sempre più nutriti di giovani iniziarono a ballare sopra i breaks (vi dice nulla il termine Break Dancer?) e i Masters Of Ceremonies ("Maestri di Cerimonia" di queste feste, conosciuti ancora e solo come "MC") a parlare sopra questi brani ritmici. Ecco nascere uno stile nuovo, che si ispira al toasting - la narrazione di gesta di eroi - e ai dozens, scambi di insulti in rima, unendovi passi a ritmo e con una certa attitude ( l'immancabile atteggiamento hip hop) sfacciata, di sfida.
Keith Haring fu un pittore e writer considerato principale esponente della cultura Hip Hop in arti visive
Nel ghetto la sperimentazione avanza veloce, e tutti, proprio tutti, visto il carattere corale e a costo zero di queste manifestazioni, possono apportare qualche nuovo elemento. Ecco perché al giorno d'oggi, l'hip hop ha varie forme: basti pensare al freestyle, al beatboxing (l'imitazione del suono delle percussioni con la voce), all'evoluzione artistica del writing (i graffiti, per capirci: vi ricordate Keith Haring?).

Tuttavia, la Break Dance e l'hip hop in danza rimangono differenti e distinguibili. Per Hip Hop intendiamo stili come il locking, che abbina movimenti veloci delle braccia a movimenti fluidi e molleggiati sulle gambe, sempre non dimenticando l'attitude; o il popping, che combina il funk a una rapida contrazione dei muscoli alternata a un improvviso rilassamento dei muscoli che causa una sorta di scatto (un pop, appunto) nel corpo del ballerino; talvolta, anche il krumping, una forma leggera ed espressiva della danza hip hop nata per combattere l'aggressività e l'ansia che correvano per le strade del Bronx.

Oggi la danza Hip Hop, così come la musica che la accompagna, è stata sdoganata ed è contaminata dal pop; basti pensare a Rihanna, una delle regine di questo genere, o a Pink, che nasce hip hop singer e si evolve in popstar nel giro di qualche album e, perché no, anche a Jennifer Lopez, che continua a definirsi, nonostante la virata di genere, "still Jenny from the block", sempre la Jenny del quartiere, la scugnizza che era da ragazza, quando danzava per le strade.

A noi l'Hip Hop piace: è un modo per sfogare in modo positivo le negatività, acquisire sicurezza, ritemprarsi di energia e affrontare con un po' più di grinta se stessi e il mondo.
Tutto sommato, è per questo che si è diffuso: per canalizzare tutto il magma emozionale che l'essere umano si porta dietro, quotidianamente, nel grigiore cittadino, e trasformarlo in pura arte.

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